Creatività e genialità assoluta sono, forse, le due parole che più facilmente ci vengono in mente quando pensiamo a Steve Jobs. C’è chi dice che, a modo suo, è stato l’inventore del XXI secolo. E non si tratta di una metafora. Il modo in cui oggi lavoriamo, comunichiamo e ci relazioniamo con il mondo lo dobbiamo, in gran parte, al suo genio.
Ottenuto il successo imprenditoriale molto presto, la sua carriera professionale è stata luminosa fin da quando era giovane. Forse proprio per questo ha sempre affermato che ciò che lo motivava non era né il successo né il denaro. Il suo obiettivo era avverare un sogno. Un sogno portatogli via dalla scarsa visione futuristica dei suoi azionisti. Ma al di là degli ostacoli, Steve Jobs non si arrese mai né perse il suo spirito visionario.
Come molte persone dotate di grande creatività, oscillò sempre tra successo e frustrazione. Tra i nuovi progetti, mai pensati da nessuno prima di lui, e la ricerca di una vita che segnasse la storia.
Ottenne il suo primo lavoro con i computer per l’azienda Atari, dove conobbe Steve Wozniak, il tecnico informatico che più tardi diventerà il cofondatore della Apple. Assieme erano la coppia perfetta. La genialità di Wosniak come ingegnere si incastrava perfettamente con il talento imprenditoriale di Jobs. Un’unione che permise loro di dare forma a un progetto che, qualche anno dopo, si trasformò in un vero e proprio impero.
Negli anni in cui lavorò per Atari, i computer erano a uso esclusivo di grandi aziende, dato il costo proibitivo. Wozniak costruì il primo personal computer (PC) perché sentiva l’esigenza di averne uno personale in casa. È da lì che ebbe tutto inizio.
Nel 1984 venne progettato il primo Macintosh. Un’invenzione che segnò un prima e un dopo nell’informatica domestica, ma che non fu commercializzata al meglio. Apple era infatti diventata grande e la giunta direttiva non condivideva né la strategia né la passione di Jobs.
Venne fatto credere che le grandi doti creative e di visione commerciale di Jobs erano in pericolo a causa del suo carattere, esigente e perfezionista. In realtà, come tutti i grandi geni della storia, Steve Jobs aveva bisogno di un team che lavorasse con la sua stessa passione, la stessa visione e lo stesso sentimento trascendete che possedeva.
Nel 1985, Wozniak lasciò la Apple mentre, un anno dopo, Steve Jobs venne svestito delle sue funzioni esecutive e lasciato senza voce in capitolo né possibilità di voto all’interno della sua stessa azienda. Jobs lasciò così la Apple per proseguire la sua avventura professionale in solitaria. Creò l’azienda Next e lavorò per un breve periodo per Pixar, nota azienda di produzione cinematografica per computer. Il periodo in Pixar gli portò successo e rispetto da parte del suo ambiente.
Il ritorno di Steve Jobs alla Apple
Steve Jobs tornò alla Apple nel 1996, in un momento in cui l’azienda era rimasta indietro dal punto di vista tecnologico rispetto alla rivale Microsoft. Sull’orlo del baratro, l’azienda riuscì a invertire la rotta proprio grazie al rientro del suo fondatore. Jobs cancellò infatti tutti i progetti sui quali si stava lavorando e riprese il controllo operativo dell’azienda, tornando a fare la storia.
In quegli anni progettò una nuova generazione di prodotti innovatori, come l’iPod, l’iPad e l’iPhone, diventando l’inventore della musica digitale portatile.
La morte prematura
Perfezionista, appassionato e visionario. Questi sono stati gli angeli e i demoni di Steve Jobs. L’eredità che ha lasciato è il frutto di una passione che non ha mai messo in vendita.
Argomento molto interessante è stato un piacere leggere la storia di questo grande uomo..